Il rialzo dei tassi dei mutui, e la conseguente stretta creditizia operata dalle banche, saranno senz’altro i temi cardine del mercato.
La questione dei tassi si riflette tanto sul mercato residenziale delle famiglie, quanto su quello dei grandi investitori.
A metà dicembre, la Bce ha imposto un nuovo rialzo dei tassi, dello 0,50%, per contenere l’inflazione. Questo ha ripercussioni per le famiglie con in corso un mutuo a tasso variabile.
Il rialzo sulla rata non è automatico, perché occorre vedere come si stabilizzerà l’indice Euribor, quello più utilizzato nei finanziamenti a tasso variabile.
Ma il Codacons ha già prodotto alcune simulazioni. Considerato che l’importo medio dei mutui casa si colloca in un range compreso fra 125mila e 150mila euro, l’ultima stretta decisa da Francoforte dovrebbe far lievitare le rate mensili di 30-40 euro.
Se però si considerano tutti gli incrementi della Bce del 2022, le rate mensili oggi costano tra 150 e i 190 euro rispetto a quanto pagato nel 2021, il che si traduce in un costo extra annuo di 1.800/2.280 euro all’anno”. Eppure il tema del rincaro dei finanziamenti colpisce tutto il settore.
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Tassi di interesse in rialzo: quali sono le conseguenze?
Come spiega il report di PwC “Emerging trends in real estate 2023”, l’aumento dei tassi di interesse creerà una situazione di stress finanziario e non andrà solo a rallentare le nuove operazioni, ma colpirà anche quelle già realizzate o in corso, specialmente se formalizzate nel biennio 2018 e 2019, che aveva rappresentato un record di volumi investiti in Europa.
“Gran parte di quelle operazioni è stata finanziata con prestiti quinquennali, che scadono nel 2023 e 2024. Probabilmente quei mutui sono stati concessi a un rapporto Ltv (loan-to-value, cioè il valore del mutuo richiesto in relazione al valore totale del bene immobiliare) del 50-60%, ma il calo dei valori immobiliari oggi spinge quel rapporto addirittura al 70-80%, un livello che le banche possono essere riluttanti a rifinanziare” scrive il report.
Secondo PwC, il 64% dei principali manager del real estate europeo (interpellati nella statistica) si aspetta per il 2023 una riduzione dei finanziamenti disponibili per nuove operazioni o per rifinanziare quelle esistenti.
Accanto a questo, c’è il problema del flusso di cassa, ossia dei canoni di affitto che gli operatori ricevono e che utilizzano per ripagare rate e interessi.
Prendiamo ad esempio un soggetto che abbia investito in un grande complesso di uffici o in un centro commerciale o in un complesso logistico.
Nei momenti di recessione, gli introiti soffrono, i negozi vendono meno, le imprese riducono gli uffici, e diversi spazi possono risultare sfitti.
Quindi, ripagare il debito diventa più pesante. Come sottolinea il report “The Lighthouse H1 2023” di Bnp Paribas Real Estate, “nel 2022 i mercati degli uffici e della logistica si sono dimostrati resistenti. Ma ora le intenzioni di assunzione delle aziende hanno iniziato a diminuire e le aspettative di crescita
della domanda e dei canoni di locazione nelle location non-core dovrebbero subire un impatto negativo nel breve termine, polarizzando il mercato in base alla posizione e alla qualità degli edifici”.
In altre parole, un mercato spaccato tra luoghi in cui la domanda tiene, e altri molto più deboli. Come conseguenza di questo, alcuni proprietari potrebbero essere costretti a vendere sotto costo. Questo, per contro, rappresenta un’opportunità per quegli investitori “opportunistici” che dispongono di liquidità e che possono mettere in portafoglio asset di qualità, con rendimenti (e dunque anche grado di rischio) in rialzo.